ST. VINCENT

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Bill Murray è il sogno di ogni regista. Un’icona del cinema che ci ha donato delle memorabili e deliziose interpretazioni negli anni. E St. Vincent, la sua ultima pellicola, rientra proprio tra queste. Opera prima scritta e diretta dal premiato regista pubblicitario Theodor Melfi, St. Vincent è uscito lo scorso 18 Dicembre con distribuzione Eagles Pictures. Il film di Melfi più che un sogno è un miracolo: non solo è riuscito ad avere uno degli attori più carismatici di Hollywood come protagonista della sua opera prima, ma ha anche riunito attorno a lui grandi caratteristi come: Naomi Watts, Jaeden Lieberher, Melissa McCarthy e Chris O’ Dowd.

Maggie (Melissa McCarthy) madre single, si trasferisce a Brooklyn con il figlio dodicenne, Oliver (Jardien Lieberher). Costretta a lavorare fino a tardi in ospedale, Maggie non ha altra scelta che lasciare il piccolo con il vicino di casa, Vincent (Bill Murray), uno scorbutico pensionato con la passione per l’alcol e le scommesse.

Tra i due nasce una singolare e bizzarra amicizia. In compagnia di Daka (Naomi Watts), una spogliarellista incinta, Vincent porta con sé Oliver nei luoghi che frequenta quotidianamente: l’ippodromo, lo strip club e il bar di fiducia. Vincent aiuta il piccolo Oliver a crescere e il ragazzino vede in lui ciò che nessuno riesce a comprendere: un uomo generoso ed incompreso.

St. Vincent gode oggettivamente di un cast valido, che a volte sembra scomparire dinanzi all’imponente presenza di Murray. Un personaggio, quello di Vincent-Saint Vincent, che sembra cucito addosso all’attore: burbero, ironico, vizioso, testardo e terribilmente sensibile.

Altro punto di forza è la scenografia affidata alla giovane Inbal Weinberg, uno dei nomi più apprezzati nel panorama cinematografico (Blue Valentine, Frozen River, Half Helson). Il film, ambientato ai nostri giorni, è un palese tributo alla città di New York e alle pellicole degli anni Settanta. Ed è proprio Vincent a collegarci ai decenni passati, disorientato nella vecchia Brooklyn, città lontana da tutti i luoghi turistici che siamo abituati a vedere sul grande schermo.

St. Vincent non offre grandi colpi di scena, confermando tutte le ipotesi narrative dello spettatore. La storia è teneramente prevedibile, ma si compone comunque di una struttura brillante, così da divenire un’opera prima finemente riuscita.

Menzione speciale ai dialoghi che conducono il pubblico verso il sorriso e la commozione, grazie all’intensità espressiva di ogni attore. Le battute geniali tra i due protagonisti salvano il film dal vortice di cliché in cui rischiava, sin dall’inizio, di essere risucchiato.

Sì, perché la storia d’amicizia (e di salvezza) tra un anziano scorbutico e un giovane bambino ipersensibile non è certo una novità. Come non lo è la presenza di una mamma indaffarata, un padre fedifrago e una buffa “signora della notte” . Ma tutto questo non conta dinanzi al grande lavoro realizzato da Melfi, che riesce a mettere in secondo piano le ovvietà attraverso un personaggio, Vincent, che espone la storia nella sua luce migliore. Un’operazione possibile – perché vale la pena ripeterlo – solo attraverso la presenza inimitabile Bill Murray.

Ultima lode a Shelter the Storm di Bob Dylan cantata dallo stesso Murray sui titoli di coda, un vero atto d’amore nei confronti del pubblico e del cinema stesso.

Pubblicato il 5 Dicembre su See Sound