Ramona Tabita è una delle stylist più talentuose di Italia. Sicula con formazione fuori dall’ordinario, Ramona approda nella scena milanese solo qualche anno fa, dove si afferma anche come editor per Tuttasbagliata, L’OfficielItalia.com, Vogue.it, Polkadot.
Dopo il primo incontro con Ramona, ho capito che tutto poteva riassumersi in tre parole: Moda, Arte, Fotografia. Ramona ama il Bello – baumgarteniamente parlando – ed è in grado di trasmettere questa sua passione a tutte le persone che le sono accanto o la seguono semplicemente, perché incantati dal suo inimitabile tabita style.
Nata e cresciuta ad Augusta (SR), hai scelto Roma per gli studi e Milano per il lavoro. Quanto hai dentro della tradizione culturale siciliana? Come ti ha influenzato la Terra di Archimede, dei Templi, dei mosaici e del Barocco siciliano?
Sicuramente ha influenzato il mio concetto di estetica. Sono nata in un piccolo paese della Sicilia dove da qualsiasi lato ti giri puoi vedere il mare, dove in seconda elementare ti portano a visitare il teatro greco e in terza i mosaici di piazza Armerina.
Nel bene e nel male se nasci in un posto così, vieni educato al Bello fin da piccolo. Manco da casa da 7 anni ormai, ma sono assolutamente fiera d’aver mantenuto il mio accento siciliano intatto.
Ultima di tre figli, Barbara e Luigi Tabita sono due attori affermati nel panorama cinematografico italiano. Che rapporto hai con loro? C’è un confronto e consiglio reciproco nelle vostre scelte lavorative?
Siamo tre fratelli molto diversi e con tre personalità molto forti.
Il nostro rapporto è favoloso ma sicuramente non canonico, sento molto poco i miei fratelli e mi capita di essere in contrasto con le loro idee, ma nello stesso tempo nei momenti importanti della mia vita. Loro mi sono sempre stati a fianco e mi hanno aiutata a capire quale fossero le scelte giuste da prendere, credendo in me ancora prima di chiunque altro.
Lavori nella Moda, ma la prima passione è stata l’Arte tanto da laurearti presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Qual è l’artista che hai amato maggiormente durante i tuoi studi? Perché?
Senza dubbio Eugène Delacroix. Adoro i diari d’artista, sono gli unici libri che riesco a leggere tutto d’un fiato e quello di Delacroix l’avrò letto e riletto una decina di volte. Ricordo che in quel periodo dipingevo la mia prima tela di anatomia e passavo i pomeriggi a scuola libera del nudo, trovando nei suoi diari conforto e consigli per i miei lavori.
Un uomo estremamente moderno che riuscì a cambiare l’arte dell’ 800 senza mai abbandonare quelli che erano i suoi ideali. Ho regalato il suo diario praticamente a tutte le persone a me vicine fra natali e compleanni.
A prescindere dal lato umano di Delacroix, credo che “La morte di Sardanapalo” sia fra i dipinti più belli e d’impatto di tutti i tempi.
La Fotografia è stata l’esordio. Quali fotografi – anche di moda – hanno inciso sul tuo percorso? Quali consideri una fonte indiscussa d’ispirazione?
Terry Richardson e Jorgen Teller sicuramente, due fotografie molto diverse fra loro ma con tanti punti comuni. Entrambi rispecchiano in mio concetto di moda “rude” e non patinata.
La Moda. Sei una delle stylist più giovani e talentuose di Italia, prova di una formazione poliedrica che ha permesso di affermarti velocemente in quest’ambiente.
Quando e come hai capito che sarebbe diventato questo il tuo lavoro ?
L’ho capito quando vivevo ancora a Roma e passavo le giornate cercando nei mercatini memorabilie e capi vintage iconici da usare per le mie foto. Non c’era un solo giorno in cui non scovavo qualche pezzo introvabile. Usavo anche Ebay, ma non compravo mai per me. Mi piaceva creare un archivio personale da usare sempre all’interno dei miei scatti.
Mi resi conto che lo styling delle mie foto era il punto di forza, quando la Naba di Milano mi selezionò come borsista per frequentare il biennio in moda. Li capii che da accumulatrice seriale, sarei potuta diventare altro.
Ho sempre considerato il Sistema Moda come un mondo criptico ed oligarchico. Nell’ultimo periodo, però, mi sono ricreduta. Ho visto dei fenomeni nuovi che hanno preso il sopravvento, creando una vera e propria spettacolarizzazione della loro stessa figura (un esempio su tutti potrebbe essere quello delle fashion blogger). Per Ramona cos’è la Moda? E come vedi la Moda di oggi?
La moda rispecchia perfettamente tutti i cliché che chi la vive “da fuori” immagina.
Può essere un ambiente spietato e mortificante con chi come me è agli inizi, ma se la ami davvero può darti tantissimo.
Il fenomeno dei blogger e influencer a mio parere non tocca quello che è il vero sistema moda. Magari vengono invitati da agenzie digital a cui i marchi si appoggiano per sfilate ed eventi o sfruttati semplicemente come specchi per le allodole, ma la Moda (quella vera) è ancora un ambiente molto chiuso, dove esiste la meritocrazia. D’altronde non mi pare che nessuna blogger sia finita a scrivere per Vogue America o a disegnare per Prada.
Seguendo i tuoi profili social (twitter, instagram, facebook: ramonatabita), emerge un amore profondo per i dettagli classici mescolati al kitsch. Si crea un ossimoro perfetto e uno stile inconfondibile: il tabita style. Come riesci ad equilibrare sempre elementi così distanti fra loro?
In realtà credo di avere un gusto dell’orrido innato (e un’ossessione per tutto ciò che di cattivo gusto c’è stato fra il 1993 e il 2001).
Tutto merito dei miei genitori: mio padre colleziona cravatte colorate e papillon e mia madre comprerebbe tutto cioè che è barocco e animalier.
Entrambi non sono mai stati dei gran fanatici di griffe, eccezion fatta per Gianni Versace.
Credo che il “tabita style” sia la sintesi di tutto questo.
Stylist ma anche Editor per Tuttasbagliata, L’OfficielItalia.com, Vogue.it, Polkadot. Solo a scriverlo ho immaginato ritmi frenetici e poco tempo libero. Qual è stato il lavoro fatto finora che ti ha più gratificato? Lo stesso che non ti ha fatto accusare stanchezza e sacrifici.
Sono molto severa con me stessa e contemporaneamente molto ambiziosa. Motivo per cui molto spesso non sono soddisfatta dei mie risultati.
Sicuramente la mia collaborazione con La Pina e Tuttasbagliata è quella che ha avuto un riscontro positivo più evidente. Vari magazine, come Vanity Fair, hanno parlato della mia rubrica, e abbiamo fatto un party per la settimana della moda con vendita dei miei artwork in beneficenza. Ricordo di aver pensato “Ma chi se li comprerà mai?” e invece erano già finiti tutti dopo un’ora.
C’è un incontro che ha inciso nella tua carriera o formazione? Ti va di parlarne?
Sicuramente il mio rapporto con Gianpaolo Berto, un affermato artista ormai ottantenne che fu il mio docente di fumetto. Dopo la pensione, il nostro rapporto divenne molto più forte. Ci incontravamo la sera, perché lui lavorava la notte. Ci vedevamo in un baretto e ogni volta nel tavolo con noi c’erano galleristi, pittori e fumettisti che stavano lavorando con lui a qualche progetto. Stavamo lì fino a tardi e ognuno di loro svelava aneddoti e nozioni per me illuminanti. Fra i suoi regali più grandi, sicuramente c’è quello di avermi fatto conoscere Hugo Pratt.
Cosa non può mancare nella playlist dell’Iphone?
I Colle del Fomento che ascolto da quando avevo 12 anni. Credo di averli amati completamente solo dopo essermi trasferita a Roma.
Se Ramona fosse un film, quale sarebbe?
L’estate del mio primo bacio di Carlo Virzì.
Sei molto giovane e hai già dato concretezza a tanti progetti in diversi campi artistici. Qual è il tuo sogno nel cassetto? C’è qualche altra Arte in cui vorresti cimentarti?
Un giorno mi piacerebbe aprire un mio negozietto vintage ad Harajuku.
(Intervista pubblicata per Seesound.it il 7.01.2015)