Pochi giorni ci separano dalle feste pasquali e vista la partenza imminente, ho pensato di scegliere con anticipo il mio film pasquale 2015: La porta del Cielo di Vittorio De Sica (1945). Non lo conoscete? Possibile, non siamo in molti ad averlo visto. La prima volta me ne parlò mia madre e dopo qualche mese – coincidenza – fu lo stesso Christian De Sica a raccontare questo miracolo cinematografico nel suo spettacolo Cinecittà al Brancaccio.
E ancora una terza coincidenza. Durante uno dei pranzi più belli della vita, raccontai la storia di questa pellicola al mio amico Don Dino Pirri (chiaramente con molto entusiasmo, ché è quello che non manca mai quando parlo di cinema). Pochi giorni dopo, tornò con il dvd originale de La porta del cielo, film che fino ad allora non avevo mai visto perché introvabile. Quindi, ringrazio l’Azione Cattolica – che ne possiede i diritti – e Don Dino per aver impreziosito la mia collezione.
1943. In Vaticano si discuteva su un progetto cinematografico che raccontasse i miracoli di Lourdes diretto da Esodo Pradelli ed interpretato da Maria Mercader. Intanto, i gerarchi tedeschi convincevano registi e attori a concentrarsi su Venezia per un’adeguata propaganda al servizio della Repubblica sociale. Goebbels e Mezzasoma – Ministro della cultura popolare– si occuparono della campagna, inserendo nella lista degli arruolati lo stesso De Sica. Vittorio, però, non voleva cedere e, messo alle strette, si inventò di dover lavorare al nuovo film commissionato dal Vaticano con protagonista Maria Mercader.
E fu proprio l’attrice che trasformò la finzione in realtà, mostrando la verità della macchina Cinema. Maria pretese dal responsabile del progetto, il sostituto Giovan Battista Montini, che De Sica venisse effettivamente scritturato come regista. A questo punto, il Maestro Vittorio fece lo stesso con l’amico Cesare Zavattini, Adolfo Franci e Diego Fabbri, affidando loro la sceneggiatura.
Il film mutò completamente: il miracolo del progetto iniziale, che avrebbe dovuto entusiasmare l’ambiente cattolico, non era più parte del soggetto. Si scelse di raccontare il lungo viaggio in treno di un gruppo di pellegrini verso il Santuario di Loreto, tutti animati dalla speranza di ricevere una grazia.
Il miracolo ci fu, ma nella realtà. La basilica di San Paolo fuori le Mura, zona del quartiere Ostiense e territorio vaticano, divenne la via di salvezza per centinaia di persone perseguitate dalla Gestapo: ebrei, militanti comunisti, uomini della Resistenza. De Sica concesse diritto d’asilo a tutti, scritturandoli come comparse. Fino all’arrivo degli americani, La porta del cielo divenne l’arca sicura e caotica del chiostro benedettino.
Quindi, è chiaro a tutti il perché della mia scelta pasquale. La porta del cielo è un racconto di dignità e amore, una preziosa testimonianza della nostra Storia. E solo il maestro De Sica poteva mostrarci quanto il suo Cinema e la vita fossero componenti autentiche di una stessa e sofferta realtà.