Credo in quello che scrivo perché sono quello che scrivo. E no, non è scontato.
La scrittura è disciplina e lo sapevo ancor prima di leggere L’arte di correre di Murakami. Si può imparare a scrivere anche senza la protezione di ghostwriter o uomini di lettere. Esiste anche un piccolo bignami per questa pratica liberatoria, lungo il tempo di una canzone. Ed è stato proprio un amico a confessarmelo. Poco tempo fa, a New York, ho chiesto un consiglio a Gianni Riotta su come perfezionare il mio stile.
“Ascolta Hey Jude”. Una canzone dei Beatles? Un pezzo che conoscevo a memoria? Poi ho capito, grazie alla nuova prospettiva nordamericana.
Quando scrivo di cinema sui social, partecipo ad un festival, pago il biglietto per una proiezione, leggo, mi documento sui siti di tutto il mondo, decido di non prendere il tesserino da pubblicista, FIRMO un mio articolo, scelgo di essere coerente e di servire la mia più grande passione: il Cinema.
E non lo faccio per sentirmi migliore o mostrarmi interessata a qualcosa di artistico. Sarei rimasta in Italia supportata da una famiglia benestante tra proiezioni, aperitivi ed eventi mondani. Lo faccio perché è parte della mia vita e lo sarà sempre. E nessuno potrà mai privarmi di questo, perché è cultura.
Tutto questo per dire cosa? La notte degli Oscar è un evento dove non vince l’improvvisazione, la mitomania e il fanatismo. Quelli come me, e ne sono tanti per fortuna, spendono un anno intero per arrivare preparati ad una notte di insonnia pura. E non restano svegli perché il giorno dopo se lo prendono di riposo. Lo fanno perché è come un party di fine scuola. Per chi si prepara, gli Oscar sono una grande festa senza pronostici, perché consapevoli della prevedibilità dell’Academy.
Quest’anno, inoltre, sono stata in super vantaggio. Ho vissuto sulla mia pelle l’ultima edizione del Toronto International Film Festival che è il vero ed unico influencer per Academy e distribuzione internazionale. E’ un Festival senza concorso dove partecipano i film più importanti della stagione – trecento – e l’unico premio è conferito dal pubblico. Quest’anno è stato assegnato a Room di Lenny Abrahamson, interamente girato a Toronto e in uscita in Italia il prossimo 3 Marzo. Una storia struggente che, oltre a premiare Brie Larson come Miglior Attrice Protagonista, ha portato alla luce la stella Jacob Trembley, il nuovo Leo.
Grande protagonista degli Oscar 2016 è lui, Leonardo DiCaprio che ha ritirato la statuetta per il sublime The Revenant di Alejandro Inarritu, scritto senza gli accenti giusti perché siamo comuni mortali e l’importante è saperlo pronunciare.
Sono felice per DiCaprio? Sì, perché è la prova che la vita non è fatta solo di grandi performance e attori improvvisati. E se a lui sono serviti vent’anni per un simile riconoscimento nonostante le collaborazioni con i più grandi registi, perché noi dovremmo pretendere le porte aperte al primo colpo? Leonardo è l’unico attore che ricorda i divi del passato: bravura, talento, umiltà, eleganza, carisma. Leonardo è un artista che non ha bisogno di dire “sono un attore”, perché è l’evidenza dell’Arte.
Poi c’è Alejandro Inarritu che ha vinto il premio come Miglior Regista. Perché? The Revenant non è un film sul bello, ma sul sublime. E sono felice di poter passare le prossime settimane a rileggere le recensioni delle più importanti firme italiane che lo hanno smontato nell’ultimo mese. Uno stupido passatempo, lo so.
E’ stato sicuramente l’anno di Mad Max Fury Road di George Miller il Visionario che forse meritava la statuetta per la regia più di Inarritu, ma va bene così. Mad Max con le sei statuette è il vero capolavoro del 2015 e ha un messaggio rivoluzionario: si può correre senza fuggire. Si può tornare dove tutto è cominciato per intraprendere un percorso con la consapevolezza di un nuovo disegno etico. Recuperatelo, vi prego!
E’ stata la volta del primo Oscar ad Ennio Morricone per la migliore colonna sonora, perché nel 2007 gli era stato assegnato quello alla carriera. Un avvenimento davvero insolito, ma lo stesso Maestro ha commentato la vittoria come “è un Oscar di risarcimento”. A lui anche il premio come miglior discorso, avendo menzionato la moglie Maria e John Williams. La forza è visibile anche senza mostrarla.
Ora ci sarebbe da elencarvi tutti, ma che noia! L’elenco completo è in questo articolo de La Stampa. Voglio solo lasciarvi con una riflessione sulla vera ed importante sorpresa di questa edizione. Il premio Miglior Film è andato a Spotlight di Tom McCarthy. E’ davvero il film migliore del 2015? Onestamente dopo la vittoria, non mi sono fatta più questa domanda.
Spotlight è la storia di un team di giornalisti del Boston Globe. Nel 2002, la loro indagine ha portato alla luce la copertura da parte della Chiesa cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, in un’inchiesta premiata col premio Pulitzer. Vi chiedo di nuovo, è il miglior film del 2015? Non lo so, non mi interessa. E’ sicuramente la vittoria della Verità.
Ora torno a lavoro senza salutarvi. Tanto ci rivediamo qui, il prossimo anno.
ISA MILK