di Fabiola Palumbo
- Come guardi ai tuoi anni di militanza?
- […] Belli. Se c’è qualcosa di bello in questa vita è poter non solo guadagnarsela degnamente, che già è grande ed è tanto, però anche di farlo per tanti. Sbagliato o no.
Santiago, Italia è l’ultimo e, come sempre attesissimo, lavoro di Nanni Moretti. Arriva a tre lunghi anni di distanza da Mia madre e ha chiuso con onore l’ultimo festival del cinema di Torino.
Non è un film, è un documentario (genere per niente estraneo al regista romano) molto sentito e appassionato sul Cile e sui rapporti che il paese ha avuto con l’Italia a partire dall’ 11settembre 1973, quando il golpe del generale Augusto Pinochet, capo di stato maggiore dell’esercito cileno, mette la parola fine alla presidenza dal 1970 di Salvador Allende, il quale muore durante il bombardamento del palazzo presidenziale, probabilmente suicida.
Una pagina di storia molto drammatica e in realtà probabilmente anche poco conosciuta che getta una luce di umanità e di apertura, a tutti i livelli, sulla nostra penisola. Una bella storia italiana, fatta di accoglienza, che racconta con semplicità, e con una punta di rammarico, una vicenda che è soprattutto umana.
A riportarcela non sono storici o politici o politologi, le testimonianze provengono da persone normali, persone comuni che hanno vissuto sulla propria pelle quest’esperienza. Gli stessi esseri umani che, a centinaia, nel post colpo di stato hanno letteralmente scavalcato il muro dell’ambasciata italiana in Cile e vi sono rimasti per settimane, restando vivi solo perché in “territorio” italiano, fino a quando non riuscirono poi a ottenere il lasciapassare per raggiungere pacificamente il nostro paese e, in alcuni casi, restandoci in pianta stabile.
Un’Italia che diventa una terra generosa e ospitale per quei cileni che “scappavano come adesso scappano dall’Africa”.
Santiago, Italia non è un lavoro imparziale, Nanni Moretti non lo è, quasi mai, e lo dichiara candidamente nell’unico momento del documentario in cui compare in video, ossia quando dà la parola a uno dei cattivi. “Io non sono imparziale, non sono imparziale”, ripete con un sorriso tra il sardonico e l’amareggiato. Nemmeno noi dovremmo esserlo. Perché a volte imparzialità e indifferenza sono sinonimi e noi odiamo gli indifferenti (citazione declinata alla prima persone plurale).
È un Moretti non imparziale, è vero, ma non è un Moretti politico perché, a conti fatti, quello che rimane alla fine della visione di Santiago, Italia è solo (e pare di dire poco) l’aspetto emotivo, che risulta molto marcato.
La storia a volte è crudele, spesso è ciclica, i corsi e ricorsi storici sono tra le poche certezze della vita per cui non sarà difficile cogliere alcune dolorose analogie. Si dice che l’esperienza insegni, purtroppo nella maggioranza dei casi capita che non solo non impariamo ma che addirittura dimentichiamo applicando una vile rimozione.
Quel funesto settembre ’73 non è poi tanto distante da questo 2018. Gli anni bui sono sempre dietro l’angolo. “Io sono stato rifugiato, sono stato accolto, mi hanno permesso di integrarmi”, ecco, ricordiamoci di non dimenticare l’umanità.
Il documentario, bellissimo, incisivo, non banale, è stato prodotto da Sacher Film, Rai Cinema, Le Pacte, Storyboard Media ed uscirà nelle sale il 6 dicembre.