Tra l’ultimo capitolo Marvel e la nuova commedia all’italiana, si posiziona nelle sale italiane, grazie a Satine Film e Circuito Cinema, Sarah e Saleem il nuovo film del regista palestinese Muayad Alayan.
Sarah è una donna israeliana, proprietaria di un bar a Gerusalemme Ovest con suo marito, colonnello dell’esercito. Saleem è un fattorino palestinese che vive a Gerusalemme Est con la moglie casalinga in dolce attesa.
Due mondi distanti che inevitabilmente finiranno per incrociarsi e vivere in segreto la loro passione.
Sarah è insoddisfatta del suo matrimonio e dell’assenza del marito, assorbito dal troppo lavoro che li obbliga a continui spostamenti. Saleem, orgoglioso, è stanco di subire l’influenza della famiglia della moglie.
Sarah e Saleem decidono così di abbandonarsi a questo sentimento che non sanno definire, evadendo dalle tensioni delle rispettive famiglie.
Nessuno è a conoscenza di questa relazione illecita, fino a quando finiscono per trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Così un affaire totalmente privato e rimesso unicamente al giudizio delle rispettive coscienze, subisce una svolta repentina ed incontrollabile.
Vi lascio con quanto emerso durante l’incontro tra il registra palestinese e la stampa italiana. Un’ottima ed ulteriore chiave di lettura di questa vicenda ispirata ad una storia vera.
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Quali sono gli avvenimenti che hanno ispirato questa vicenda?
Sono cresciuto a Gerusalemme Est e come la maggior parte dei giovani Palestinesi, all’inizio della carriera lavorativa, ho trovato lavoro a Gerusalemme Ovest, perché è lì che ci son sempre state le migliori opportunità.
Ho iniziato in un bar, poi in un hotel e proprio quella fu la prima situazione in cui vidi, con i miei occhi, le relazioni protagoniste di questo nuovo film. Erano tante le persone che avevano una storia con abitanti dell’altro lato della città, e che vivevano i legami nel buio, nella clandestinità, nel pericolo. Tutto questo mi sorprese profondamente e mi è rimasto dentro, per anni.
Un altro episodio che mi ha ispirato fu quando l’esercito israeliano invase la Cisgiordania e i territori palestinesi. In quell’occasione si impadronirono di una considerevole quantità di informazione che erano stati sottratti dalla sede centrale dell’autorità palestinese. Dati ed informazioni che avevano ad oggetto un numero ampio di cose, dai rapporti dell’intelligence o della polizia ai dati riguardanti il mondo accademico, le organizzazioni non governative e così via. All’interno di questa banca dati va precisato che erano presenti numerose fake news, create proprio per depistare.
Solitamente dopo ogni invasione, facevano seguito numerosi arresti – anche solo dipesi dall’aver lavorato per l’autorità palestinese, perché proibito.
Diciamo che questi, di fatto, sono gli eventi che hanno ispirato la mia storia.
Perché parlare di una storia di infedeltà?
L’idea che avevo sull’infedeltà di questa relazione tra Sarah e Saleem era quella di dare vita ad una ‘voce’, una finestra da cui affacciarsi per vedere la mia Gerusalemme come osservatore silenzioso. Una storia comune non legata alla territorialità in sé, ma che in quel contesto ha provocato, e tuttora provoca, delle conseguenze irreversibili. Nello specifico, un impatto sulla vita, sulla sicurezza, sul benessere di queste persone che non può avere somiglianze in nessun altro posto del mondo.
Volevo mostrare le barriere fisiche della mia città, ma anche quelle invisibili che sfuggono agli occhi dei turisti numerosi che la visitano.
In effetti, il modo in cui la storia è stata sviluppata è lo specchio della vita quotidiana di Gerusalemme. Sono legami pericolosi che non hanno futuro e chi le vive sa perfettamente tutto questo.
Due protagonisti, ma quattro narratori. Potremmo dire così ?
Il film si sviluppa concentrandosi su quattro personaggi, senza focalizzarsi su una coppia in sé. Inizia con il love affairtra Sarah e Saleem ma, appunto, prende corpo anche grazie i compagni dei protagonisti, mostrando la crescita degli stessi attraverso il condizionamento sociale e le vicende personali.
Il messaggio chiave resta sempre la speranza e come si possa mettere a rischio il proprio status, rinunciando alla comfort zone e agli annessi privilegi, per una scelta etica come quella di difendere una persona onesta.
Ogni personaggio ha vari livelli di lettura che servono a rappresentare la dicotomia della mia città. Ogni dettaglio compone questo mosaico informativo che vuole portarvi a conoscere meglio ciò che succede in quella parte del mondo, la mia parte di mondo.
Hai avuto problemi di censura?
Non c’è censura nel mio Paese, per fortuna. Ci sono così tanti problemi in Palestina che le autorità non avrebbero il tempo di occuparsi anche di questo. In realtà, siamo stati aiutati molto. Mi riferisco ai permessi necessari per le riprese, alla chiusura delle strade, alla possibilità di filmare alcune scene in precise location come la prigione di Betlemme.
Cosa significa girare un film nel tuo Paese?
È difficile girare un film, ma in Palestina è ancora più difficile. Non sai mai cosa può succederti, tant’è che avevamo una differente organizzazione in base alla zona della città in cui ci si trovava. Tutto è stato studiato nel dettaglio dai miei collaboratori.
Per esempio, quando abbiamo girato a Gerusalemme Ovest eravamo davvero una piccola troupe e abbiamo finto di girare un documentario per non dare nell’occhio. Ci sono state delle occasioni in cui siamo stati insultati verbalmente dai civili e altre in cui siamo stati trattenuti dalla polizia israeliana per ore.
I percorsi ‘stradali’ che vedete nel film sono quelli che io faccio tutti i giorni perché una società di produzione palestinese non può avere sede a Gerusalemme, quindi la mia ha sede a Betlemme. Questo per darvi l’idea della difficoltà organizzativa e per farvi capire quanto bisogna credere in un progetto per portarlo avanti.
Nuovi lavori?
Il prossimo film è un drama familiare con elementi soprannaturali. La protagonista è una giovane ragazza ebrea che viene riportata dal padre da NY a Gerusalemme dopo la morte improvvisa della madre. Nella nuova abitazione, inizia ad avere degli ‘incontri’ con il fantasma di una ragazza coetanea che aveva abitato lì anni prima.
Sto cercando di coinvolgere un attore internazionale, ma non posso dirti di più.
Se tu fossi un film, quale saresti? Down by law di Jim Jarmusch.
Thank you, Muayad. It was such a pleasure.