Un film minimalista e semplice è così che Carlo Sironi, giovane regista romano, descrive la sua prima opera cinematografica presentata al Festival di Venezia e di Toronto 2019, nella sezione Discovery, dove ho avuto modo di assistere alla proiezione e alla questions & answers con tutto il cast. E come dargli torto, mi verrebbe da aggiungere.
Sole è la storia di Ermanno (Claudio Segaluscio) un ragazzo della periferia romana che passa i suoi giorni fra slot machine e piccoli furti. Lena (Sandra Drzymalska), arriva in Italia dalla Polonia per vendere la bambina che aspetta e poter iniziare una nuova vita. Ermanno deve fingere di essere il padre della bambina per permettere a suo zio e alla moglie, che non possono avere figli, di ottenere l’affidamento attraverso un’adozione fra parenti. Quando la piccola Sole nascerà, i due ragazzi scopriranno un legame profondo ed inaspettato.
Un esordio delicato e necessario quello di Carlo che parte da una domanda essenziale e diretta: cosa significa diventare genitori? Cosa si prova a prendersi cura di un essere indifeso appena nato? Dove si spinge il legame tra genitore e figlio ? Si parte da questi interrogativi per giungere ad analizzare la complessità delle figure genitoriali e del ruolo degli stessi, indipendentemente dalla correlazione genetica.
Se le dinamiche relazioni appaiono complesse ed inopinabili per tutto il film, i protagonisti si mostrano senza filtri sin dal principio. Ermanno e Lena sono due ragazzi naive ed ingenui, due puri di cuore, manipolati dagli adulti all’interno di uno schema sociale che non presenta via d’uscita. La sincerità e purezza li avvicina, senza lacerare mai quel velo di silenzio che avvolge i loro sentimenti.
Ermanno è d’accordo con gli zii benestanti, i quali hanno avanzato richiesta di affidamento di Sole attraverso un’adozione tra parenti, in cambio di diecimila euro da versare al nipote e a Lena. Poi, però, qualcosa cambia e il giovane dovrà fare i conti con i propri sentimenti.
«Si tratta di un caso limite, una storia fuori dall’ordinario, che parte però da una ricerca sul campo: in Italia la maternità surrogata è vietata dalla legge, ci sono molti espedienti illegali nel mondo delle adozioni, dove il traffico di neonati è una realtà concreta – spiega il regista sulle pagine di Avvenire.Ho chiesto consiglio a Melita Cavallo, già presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, che mi ha confermato l’esistenza di questa pratica. Ho letto anche dei rapporti ufficiali sul traffico di bambini. Affrontare il tema della maternità surrogata e dei suoi limiti è scivoloso, complicato. Ho preferito concentrarmi sui due personaggi e, anche, sul tema della paternità».
Il risultato è un’opera prima brillante e realista che non si cura dei giochi di morale. Un film che dà speranza al nostro scenario cinematografico, con una ventata di freschezza e attualità che spazza via le solite antiquate tematiche cui siamo abituati.
Sole, in altre parole, è il canto di una voce nuova – Carlo Sironi – che ha manifestato, sin dall’inizio, la sua forte personalità, consapevole del percorso che lo attende. Dal 24 Ottobre 2019 nei cinema italiani.
Side note: Grazie Carlo e non farci aspettare troppo per un nuovo progetto.