Andrea Mariano non necessita di lunghe presentazioni. Noto ai più come Andro.id (ph.Meschina) dei Negramaro, fa parte di una delle più solide realtà del panorama musicale italiano. Musicista eclettico, producer e dj (anche se non vuole essere definito così), Andro ha da poco concluso il fortunatissimo Un Amore Così Grande Tour ed è anche reduce da un viaggio a Nashville, dove è volato con la band per completare il nuovo album.
La prima volta che l’ho incontrato provavo soggezione, un po’ per lo sguardo fiero, un po’ per la forte presenza ma soprattutto perché non è semplice confrontarsi con un artista che si ammira da sempre. Col tempo, però, ci sono state diverse occasioni per parlarsi e apprezzare subito la sua gentilezza e il temperamento mite e silenzioso, perché i silenzi, in fondo, sono pause in musica.
Per questo vi dico: è un onore intervistare un artista che si segue dagli esordi. Ed è una vera fortuna quando si ha l’occasione di incontrarlo, rimanendo piacevolmente colpiti dalla sua umiltà e generosità.
A sette anni ti sei avvicinato alla Musica con lo studio del pianoforte. A undici anni eri già iscritto al conservatorio Tito Schipa di Lecce, un vero e proprio enfant prodige. Che cosa ricordi degli anni del Conservatorio? Quali erano le composizioni che amavi suonare?
Nessun prodigio da piccolo, solo la fortuna di essermi avvicinato presto alla musica e due genitori che hanno investito molto nella mia formazione musicale. Credo che lo studio della musica abbia influenzato tantissimo la mia crescita umana e culturale. Per me è stato un privilegio che andrebbe riconosciuto ad ogni bambino e adolescente.
Prima dei Negramaro e della tua carriera solista come producer – dj, eri iscritto alla facoltà di Giurisprudenza e per un periodo hai anche svolto diversi lavori. Quando ti sei accorto che la tua strada, o meglio la tua Vita, sarebbe stata dedicata interamente alla Musica? C’è stato un incontro o un evento che ti hanno aiutato in questa scelta?
La musica mi ha accompagnato da sempre, anche se in forme e situazioni diverse. Il fatto di essermi “abituato” a questa condizione non mi ha fatto percepire grandi scossoni. Sicuramente l’incontro con Giuliano (Sangiorgi ndr) ha segnato un momento importante nella mia vita. Lui ha sostenuto fin da subito le mie idee artistiche ed è stato, ovviamente, un discorso reciproco di condivisione e incoraggiamento.
Era solo il 2000 quando con Giuliano, Lele, Ermanno, Danilo, Pupillo avete fondato i Negramaro e siete subito diventati una solida realtà del nostro panorama musicale. Inoltre, siete uno degli ultimi modelli di band uscita “dalle cantine”. Che ricordo hai degli inizi?
Ho avuto indubbiamente tanti stimoli diversi che hanno contribuito alla mia “maturità”. Ho imparato a porre obiettivi e priorità nella mia vita, dando loro tempi naturali. Questo mi ha permesso di avere grandi soddisfazioni senza avvertire il peso dei sacrifici.
Come trovi la concentrazione e l’ispirazione per le tue composizioni? Dove ti rifugi solitamente?
E’ un processo complesso. Solitamente mi rifugio nel mio studio di Milano: delle volte trascorro giorni interi aspettando lo spunto giusto, altre volte è sufficiente un solo pomeriggio per completare un lavoro.
Sei molto impegnato anche come solista: tanti remix e produzioni di singoli. Penso, per esempio, al recente Innamoratissima di Syria, dove emerge la tua anima più electro. Con quale artista, anche straniero, ti piacerebbe collaborare?
Negli ultimi anni le collaborazioni con artisti italiani e internazionali mi hanno regalato grandi soddisfazioni. Ci sono molti artisti con cui mi piacerebbe collaborare: Bloody Beetroots, Congorock, Pinkispunk, Benny Benassi… e, dato che ci sono, mi butto sul più grande di tutti: Pharrell!
Fare il dj ti piace quanto suonare? E selezionare dischi ti piace quanto produrre?
Sono due cose per me molto diverse. La produzione ha un posto privilegiato perché mi dà la possibilità di esprimere al massimo la mia personalità. Con la selezione dei dischi è diverso, perché devo farlo con i pezzi e con le personalità di altri. Non è un caso che non mi sia mai affezionato a un genere musicale. Infatti, sono continuamente attratto da vari stili e tendenze. Oltretutto non mi ritengo un dj, ma un appassionato di musica cui piace, di tanto in tanto, selezionare quella che in un determinato periodo lo caratterizza di più.
Hai composto anche colonne sonore per cortometraggi, film e documentari, partecipando come ospite a diversi Festival (Festival del Cinema di Roma e Giffoni). Se Andro fosse un film, quale sarebbe?
Ho avuto spesso possibilità di “commentare” delle immagini con la musica, collaborando con molti registi. È un lavoro difficile, ma quando si raggiunge il perfetto equilibrio tra musica e video diventa qualcosa di ineguagliabile.
Se io fossi un film, sarei senza dubbio “Big Fish” di Tim Burton. È un capolavoro che riesce a commuovermi ogni volta che lo guardo, basato sulla forza della fantasia e sulla delicatezza dei sogni. Un film che insegna a lasciarsi andare.
Un pezzo e un cocktail che non mancano mai durante un tuo dj set.
“Ohh Shhh” di Chris Lake. Uno spritz se la serata è tranquilla e un bel negroni sbagliato con ghiaccio se è più impegnativa.
Un Amore Così grande 2014, la rivisitazione forte e attuale di un pezzo classico. Oltre ad essere la colonna sonora della nostra Nazionale, si abbraccia ad una nobile iniziativa, essendo tutto interamente devoluto all’AISL (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla). Una canzone che ha permesso l’unione tra Musica, Calcio, Ricerca e Beneficenza. Proprio per questo motivo avete raggiunto gli Azzurri in Brasile, lo scorso Giugno. Cosa ti ha colpito di questo viaggio?
Sono stato a Fortaleza e a Natal. Credo che una settimana non sia sufficiente per conoscere la cultura e la tradizione di un Paese così vasto come il Brasile. Tuttavia sono rimasto affascinato dalla bellezza e dall’immensità dei paesaggi, dalla cordialità e dalla dignità della popolazione. È un luogo pieno di contraddizioni e di situazioni difficili, ma che t’insegna ad apprezzare le cose più semplici.
Un Amore Così Grande Tour: tante date sold out in nuove città, che vi hanno mostrato il calore della provincia. E’ stato anche il tour della data-evento di Lecce (26 luglio 2014 ndr), una grande Festa tra l’amore del pubblico e gli amici di sempre. Che cosa hai provato in quella notte magica? Sei riuscito a razionalizzare quanto vissuto?
Sono passati molti anni dall’ultima volta che ci siamo esibiti a Lecce, proprio per questo abbiamo fortemente voluto un concerto nella nostra terra d’origine. È stato un modo per ricambiare i fan dell’affetto e del sostegno che ci hanno sempre mostrato. Una vera e propria festa partita già dal pomeriggio con le band di amici che hanno scaldato l’atmosfera. Sono immagini ben scolpite nella mia mente, momenti difficili da razionalizzare e soprattutto da spiegare.
In numerose interviste, avete rivelato di essere impegnati nella lavorazione di nuovo album. C’è già un titolo e un periodo di uscita? Quali influenze avrà questo nuovo lavoro?
È ancora un po’ presto per parlare del nuovo album. Diciamo che abbiamo iniziato a lavorarci già da un po’ di tempo e, come sempre, stiamo cercando di dare il massimo della qualità e dell’emozione. In genere non amiamo “ripeterci”…
Prima di salutarti, un ultimo pensiero sulla Puglia, la tua terra e per metà anche la mia. Il Salento e tutta la Puglia rappresentano la culla della tradizione musicale italiana. E’ una regione capace di avvicinare i giovani alla musica classica (un vero e proprio miracolo!) e lo fa attraverso i complessi bandistici, alcuni dei quali raggiungono elevati livelli di interpretazione.
Quanto di questo bagaglio culturale e musicale, Andro porta con sé? E per ultimo, che cosa pensi si possa fare perché questa tradizione non tramonti?
Provengo da un posto in cui, soprattutto molti anni fa, sembrava tutto lontano e irraggiungibile. Dovevi fare affidamento sulla forza dei sogni per “tirare avanti”, godendo delle opportunità che, comunque, un luogo come il Salento nel suo piccolo, ha sempre offerto.
Ora, in un periodo in cui si annullano gli spazi, gli stessi luoghi hanno raggiunto un tale prestigio e livello culturale da non dover invidiare nulla ad altri posti di Italia e del mondo. Tuttavia c’è sempre il rischio di non riuscire a tutelare questo tesoro che conserviamo da anni. Quello che posso consigliare è di investire sempre nel futuro, adottare politiche che non tendano solo ai massimi profitti nel breve termine, ma che abbiano una visione più allargata e lungimirante. Un impegno che deve essere assunto da tutti.
(Intervista pubblicata su Seesound.it lo scorso 22.09.2014)