Esce oggi nei cinema italiani, in circa cento copie, Dilili a Parigi il nuovo film del regista francese Michel Ocelot distribuito da BIM Distribuzione.
Nella Parigi della Bella Èpoque, con l’aiuto di un giovane fattorino, la piccola canapa Dilili indaga su una serie di rapimenti misteriosi in cui sono coinvolte alcune bambine. Nel corso delle indagini, i due protagonisti incontreranno personaggi straordinari che li aiuteranno, fornendo loro gli indizi necessari per scoprire il covo segreto dei Maschi Maestri , responsabili del rapimento.
Dilili a Parigi è un film d’animazione che racchiude in sé il senso della vita, l’unicità dei suoi momenti e la forza scaturita dalle domande irrisolte.
Non a caso, si chiude con una dedica ben precisa: ‘Le persone che hanno partecipato a questo film hanno pensato alle loro figlie e a tutte le altre’.
Vi lascio con quanto emerso durante l’incontro tra il registra francese e la stampa italiana. Un’ottima ed ulteriore chiave di lettura.
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Michel come è nato il film?
L’inizio del film è abominevole, voglio subito chiarire questo punto. Quando faccio un lungometraggio ci metto in genere sei anni e deve essere un tema che mi assorbe totalmente. Fin dall’inzio della mia vita, sono stato sempre molto sensibile al tema dello squilibrio che esiste tra uomo e donna, la disparità che sussiste e che trovo del tutto irrazionale.
Un fatto controproducente per entrambe le parti e che, col tempo, mi ha portato a capire quanto fosse addirittura peggio rispetto alla visione che avevo immaginato.
In tutti i Paesi del mondo ci sono uomini che calpestano le ragazze e le bambine. Se si pensa che ci sono più morti legati al proprio genere sessuale che alle guerre… vi esplica tutto. A volte, penso anche che sarebbe meglio essere morti che continuare così.
Questo è l’argomento “serio” da cui sono partito: il male esiste come esiste anche il bene ed il bene è la nostra civiltà.
L’argomento “positivo” è entrato in gioco per caso. Nei miei film cerco di cambiare tutti gli elementi che lo compongono affinché io abbia un nuovo pianeta a disposizione. Ogni volta cerco di esplorare qualcosa di nuovo.
Così, prima dell’inizio di questo lavoro, qualcuno mi chiese: ‘Non potresti ambientarlo nella tua Parigi, per una volta?’. L’ho trovata un’ottima idea, tanto più che abito a Parigi ed è anche più comodo. Così ho pensato alla mia città per la scenografia. Poi ho deciso di ambientarlo durante la Belle Époqueper i bei vestiti e per far sognare ci vogliono abiti che tocchino terra. Immaginatevi Sarah Bernhardt in shorts… non sarebbe certo la stessa cosa.
Una volta deciso questo, mi sono soffermato sullo studio dell’ epoca, rendendomi conto che fosse esattamente ciò di cui avevamo bisogno. La Belle Époque è un momento di libertà, di scambio di idee, di invenzioni per Parigi dove persone giungevano da ogni parte del mondo per farne di tale momento creativo.
In quell’epoca ci sono stati rappresentanti in tutti i campi dello scibile umano. Ho trovato interessante mostrare una società di successo e che non aveva bisogno di calpestare gli altri. Oltretutto, c’era un enorme progresso anche dal punto di vista della parità dei sessi, giacché molte donne riuscivano ad affermarsi. Risale a quell’epoca la prima studentessa universitaria, il primo professore donna, il primo medico donna, la prima avvocatessa, la prima conducente di taxi e così via.
Era quindi un’ottima epoca per parlare del male e del bene.
Riguardo la tecnica di animazione. È interessante l’integrazione di questi personaggi più fluidi in qualche maniera stilizzati, rispetto agli ambienti così ben definiti.
Non ho inventato nulla di particolare. In questo film, si ha l’impressione che io abbia potuto inserire dei disegni animati su degli sfondi di vedute reali. Si tratta, in realtà, di semplici foto fatte da me, dove sovrappongo personaggi disegnati.
Se avesse la possibilità di tornare indietro nel tempo alla Belle Époque, chi vorrebbe incontrare tra tutti gli artisti incontrati nel film?
Vorrei incontrarli tutti, in realtà. Mi piace molto il conte Henri Toulouse-Lautrec, personaggio gradevole ed eccellente pittore, che ha avuto delle amicizie imperiture nel tempo.
Mi piacerebbe anche conoscere le tre grandi signore che ho fatto incontrare nel film: Madame Marie Curie, Louise Michel e Sarah Bernhardt,personaggi davvero straordinari. Le ho fatte incontrare proprio perché nei miei film posso fare quello che voglio e vi posso assicurare di non essere andato così lontano dalla realtà.
Ho trovato una lettera di Louise Michel a Sarah Bernhardt, dove c’erano scritte testuali parole ‘Cara Sarah, non sono potuta venire a darti un bacio ieri perché stavo partendo per Londra’. Questo confermerebbe un rapporto intimo e stretto.
Ho scoperto così che la superstar Sarah apriva le porte di casa sua ad una rivoluzionaria che faceva tanto paura al governo. E non sono sicuro che oggi troveremmo un artista in grado di fare tanto. Queste due donne, quindi, erano alla stessa altezza e si capivano.
Per quanto riguarda il rapporto tra la Bernhardt e la scienziata Curie, l’attrice ha raccolto fondi in varie occasioni per le ricerche di Madame Curie, attraverso i suoi spettacoli. La stessa Curie aveva l’abitudine di ringraziare la Bernhardt nei suoi camerini.
Quello che intendo dire è che ci troviamo di fronte ad una realtà del tutto straordinaria.
Questo film è anche una lettura d’amore per Parigi. Ha iniziato a lavorarci in un momento critico per la sua città, quando era sotto attacco dei terroristi. Anche oggi, come allora, Parigi è ferita dopo l’incendio che ha colpito Notre Dame.
Non riesco a parlare di Notre Dame perché mi viene un groppo in gola. Le prime informazioni erano spaventose. Su un giornale ho letto ‘Notre Dame non c’è più’. Stamattina scopro che Notre Dame esiste ancora e che la maggior parte della cattedrale è salva.
Una delle cose che mi fa sentire meglio è l’emozione e la solidarietà che tutto questo ha suscitato nel mondo perché è uno dei simboli della nostra civiltà.
Ciò detto, quando faccio un film di animazione, l’attualità entra poco in gioco perché mi occorrono sei anni per realizzare il progetto. Per farvi un esempio, quando ci fu l’attentato di Bataclan, io avevo da poco finito di scrivere la sceneggiatura. Quello che scrivo è sempre il frutto di un processo di elaborazione, di un approfondimento di un tema che ha le origini nella realtà che mi circonda.
È un film per adulti ?
Io non ho mai fatto film per bambini. Non sono abbastanza intelligente per fare film per un gruppo specifico. Sono un regista e faccio film.
Nel mio primo film, per esempio, non pensai assolutamente ai bambini e ho fatto una sorta di racconto filosofico destinato agli adulti. L’argomento del film era l’intolleranza e la violenza e, nonostante questo, lo si fece vedere solo ai bambini.
Mi hanno così marchiato col ferro rovente in fronte ‘Bambini’ e questo marchio me lo porterò dietro per sempre.
All’inizio ne ero molto scontento, ora mi diverte perché è un cavallo di Troia. Tutti pensano che sia un film per bambini e non diffidano della mia opera, così io posso parlare di qualsiasi cosa e farli riflettere.
Se lei fosse un film, quale sarebbe?
Kirikù e la strega Karabà, hands down.
Che tipo di storie ama raccontare?
Quelle che rappresentano la realtà. Quando si inventano delle storie sono comunque ‘artificiali’, e non bisogna nascondere questo aspetto.
Amo quelle storie che richiedono la partecipazione del nostro cervello di spettatore. Per questo evito quei film che ripropongono immagini trite e ritrite, come un hamburger già masticato. Penso ai film di Gianini e Luzzati, dove il nostro cervello, attraverso semplici elementi, gioca con il regista ed è contento.
Un film dedicato alle donne. Ha una visione magica del mondo femminile?
No, nessuna visione magica di uomini e donne. So, però, che possiedo i mezzi per farvi sognare e li uso. Le donne che ho amato ed amo, non hanno nulla a che fare con la magia.
I miei film sono pubblicità per la realtà. È per questo che ho usato delle fotografie per la scenografia o posso ‘lavorare’ su Madame Curie, perché la sua è una realtà particolare e notevole. In primis, la signora Marie ha avuto un padre che credeva nelle sue figlie. Ha avuto, inoltre, il coraggio di lasciare il suo Paese per studiare e fare carriera; ha trovato l’amore e ha formato una famiglia.
(Digressione e spoiler: la storia del dolce che racconto nel film è reale).
Oltre a questa vita familiare riuscita, Marie Curie è stata una delle più importanti scienziate. Tutto ciò suscita un profondo interesse in me, perché è una realtà straordinaria che va presa come modello.
È importante la musica in questo film?
Non solo la musica, ma anche il suono. È un film che si rivolge agli occhi e alle orecchie. Da sempre, sono molto attento affinché le orecchie possano godere quanto gli occhi.
L’animazione in sé è silenziosa e pian piano si aggiunge un suono, quindi capirete quanto sia fondamentale per me.
Dililiè sicuramente il mio film più musicale.
Nuovi progetti?
Sto lavorando ad un nuovo film… molto divertente. Posso svelarvi che nel prossimo film ci saranno molte lingue, circa una decina. Sto imparando l’italiano, per esempio.