di FABIOLA PALUMBO
Già passato per Venezia, di cui è stato il film d’apertura (e che apertura), First Man – Il primo uomo è l’ultimogenito di Damien Chazelle, regista amatissimo da pubblico, critica, Hollywood e Academy, tanto giovane quanto talentuoso, brillante ed eclettico.
Inutile girarci intorno: Chazelle non ha fallito la sua missione e, a modo suo, cammina anche lui sulla luna. Poteva sembrare un’impresa impossibile ai più centrare il terzo film di fila e in effetti non era un traguardo così scontato dopo quelle perle che sono Whiplash e La La Land, ma al momento il regista è in uno stato di grazia tale da rendere perfetto tutto quello su cui lavora e talmente meritevole di fiducia che gli si affiderebbero anche le proprie chiavi di casa. Non si accontenta di rimanere nella sua “comfort zone musicale” e affronta , prendendolo di petto, un film che è insieme mille generi e nessuno in particolare che permette di definirlo. Fantascientifico, (poco) sci-fi, biografico, drammatico. Un caleidoscopio di generi, tutti perfettamente miscelati.
La sceneggiatura di First Man è tratta dall’omonima biografia autorizzata di Neil Armstrong scritta da James R. Harsen (il quale ha lavorato come storico per la NASA e ha avuto la possibilità di conoscere personalmente il mitico astronauta) e porta la firma di Josh Singer, un altro poco bravo, già vincitore nel 2015 di un Oscar per la migliore sceneggiatura originale per Il caso Spotlight e candidato nuovamente quest’anno nella medesima categoria per The Post.
La storia è nota: il 20 luglio 1969 l’astronauta americano Neil Armstrong, comandante dell’iconica missione Apollo 11 (impresa alla quale il cinema ha pagato e ancora pagherà, con fare più o meno esplicito, innumerevoli tributi), è il primo uomo a mettere letteralmente piede sulla superficie lunare.
First Man però non è un film didascalico, non è mera cronaca, non è uno sterile elenco su pellicola di date e di fatti. First Man è ossessione, è l’ambizione che travalica qualsiasi limite e ostacolo (tema assai caro e ricorrente in tutta la filmografia di Chazelle),un compendio di sofferenza e di sacrificio che chiunque si sia anche solo marginalmente avvicinato alla missione ha dovuto patire. Una missione questa che da subito si è distinta per pericolosità e impopolarità, è stata infatti una delle iniziative governative più discusse e criticate, sia a causa dei rischi che poteva comportare in termini di vite umane sia perché particolarmente dispendiosa in un periodo storico in cui i poveri d’America preferivano avere la sicurezza di potersi sfamare alla possibilità considerata forse “frivola” di poter conquistare la luna.
La bravura di Chazelle sta nel rendere incalzante e accattivante una storia universalmente conosciuta. Il timore del disastro e del più totale fallimento sono sempre dietro l’angolo, il tutto accompagnato da un senso di claustrofobia e soffocamento che in certi punti del film lo spettatore percepisce proprio a livello fisico.
Chi ha conosciuto Armstrong , o comunque anche solo a giudicare dalle testimonianze che di lui ci sono rimaste, lo descrive come una persona schiva, poco propenso allo spettacolarismo, un uomo ovviamente appassionato al suo lavoro, molto dedito, con un grandissimo senso di abnegazione e a tratti intransigente, un po’ un anti-divo insomma. Come giudicare quindi la scelta di Ryan Gosling per dargli corpo e ombre.
La scelta è senza dubbio perfetta perché, a dispetto delle accuse di essere poco espressivo (o mono espressivo, come si legge spesso nelle critiche più inclementi), Gosling è impeccabile, riempie l’inquadratura con uno sguardo, con ogni silenzioso movimento e lo fa dopo essersi fatto carico di tutte le responsabilità che un astronauta può avere e della sofferenza più grande che un uomo può patire (la perdita di una bambina).
Molto brava, anche se forse poco sfruttata, la regale Claire Foy, moglie comprensiva e impegnata a far rimanere umano un marito spesso troppo interessato agli altri astri più che al suo pianeta personale e familiare.
Non si può infine non menzionare la bellissima colonna sonora di Justin Hurwitz (anche lui Oscar munito, Miglior Colonna Sonora e Miglior Canzone Originale per La La Land) imprescindibile accompagnamento alle spettacolari scene nello spazio.
Distibuito da Universal Pictures, First Man – Il primo uomo arriverà nelle sale italiane il 31 ottobre.
E comunque va detto che l’allunaggio più bello restano gli occhi di Ryan Gosling.