IL RACCONTO DEI RACCONTI

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Un autentico esercizio di stile… gotico! E’ la prima cosa che ho pensato dopo la proiezione de Il racconto dei racconti – Tale of tales, kolossal fantasy diretto da Matteo Garrone in concorso a Cannes, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 14 Maggio.

Prima di ogni analisi è necessaria una precisazione. Il racconto dei racconti è un film che dividerà tutti: pubblico, critica, Cannes, cinefili e non. Uno di quei film che potrà sempre contare sui pareri più discordanti. Capolavoro? Azzardo? Masterpiece? Flop? Non lo saprete mai. L’unico consiglio è andare al cinema e godere dei centoventotto minuti di pellicola.

Ma andiamo con ordine. Il racconto dei racconti si ispira liberamente a tre storie narrate ne Lo Cunto de li cunti, una raccolta di cinquanta fiabe in lingua napoletana scritte da Giambattista Basile e pubblicata postuma tra il 1634 e il 1636.

Nota anche con il titolo Pentamerone, l’opera è la più antica d’Europa nel suo genere: dal capolavoro di Basile provengono fiabe famose come Cenerentola, Il gatto con gli stivali e La bella e la bestia. Draghi, streghe, orchi, re, animali fatati sono i protagonisti e tutti hanno un aspetto estremamente realistico. Ed è forse questo il motivo che ha spinto Garrone a scegliere tre delle fiabe de Lo Cunto con un evidente filo comune: la Donna.

La regina di Selvascura (Salma Hayek) , la principessa di Altamonte (Bebe Cave) e Dora (Hayley Carmichael / Stacy Martin) la serva anziana corteggiata dal re di Roccaforte (Vincent Cassel) sono le tre protagoniste garroniane al centro del macro-racconto fantastico dal sapore noir. Tre donne che vivono tre momenti differenti della loro esistenza (giovinezza, maturità e senilità) e si dimenano tra prove e sacrifici in tre distinti regni.

Detta così, sembrerebbe un fantasy di pura azione. In parte sì, ma l’ambizione del regista è molto più alta. Garrone va oltre, osa e pretende uno sforzo in più da noi spettatori. Non ci sono buchi narrativi, anzi. Tutto è perfettamente incastrato come se i personaggi fossero il meccanismo di un vecchio ed elegante orologio. Così il film si prende delle pause, dove risiede il più forte coinvolgimento emotivo. In queste Garrone ci tiene la mano e ci lascia un tempo ragionevole per elaborare note (composte dal premio Oscar Alexandre Desplat), colori (la fotografia di Peter Suschitzky) e fatti. Lo fa spesso durante il film, proprio per evitarci di subire passivamente la sua più grande opera, una fiaba delle fiabe che prima di essere il racconto dei racconti, è la fotografia perfetta della nostra moderna realtà.

Stupore, paure e momenti di raccoglimento sono le sensazioni che proverete durante tutta la visione, ma sono anche le tappe di un percorso maturo per comprendere il finale tanto atteso.

Un finale che, a mio avviso, è il trionfo dell’ermeneutica.

Il racconto dei racconti dal 14 Maggio al Cinema