Lavinia Biancalani, un successo di…Stile

Era Giugno 2012, MTV Days alla Reggia di Venaria. Una line up ricca in una location da favola. E’ stata la prima volta che ho visto Lavinia Biancalani e non sapevo nulla di lei. Ricordo ancora tutto nei dettagli, perché poche volte capita di vedere una ragazza così che non ha la consapevolezza della sua classe e bellezza.

Lavinia ha grazia nei modi, nelle espressioni e nei gesti. E’ incredibilmente bella ma tutto questo lei non lo percepisce e non lo ostenta.

Col tempo ci sono state occasioni per parlarle e conoscersi. Ora posso dirvi che la seguo e la stimo molto per tutti i progetti che porta avanti con dedizione e determinazione: il suo lavoro di Stylist, la collaborazione con CCT –SeeCity e l’ attività di blogger con The Style Pusher.

Nonostante sia passato del tempo, conservo ancora quella prima impressione su di lei. Lavinia Biancalani è fascino e chi ha fascino non sa mai di averlo. Ed è forse questo il più bello fra i misteri. 

Nata e cresciuta tra Prato e l’Elba, “isola della felicità” come l’hai definita. Quanto e come hanno influito due posti così apparentemente lontani da Milano, capitale della Moda, nel tuo percorso lavorativo?

Hanno fatto tutto loro. L’Elba è un’isola magica dove ho scoperto il senso della libertà. L’isola ti mette spalle al muro e ti fa essere te stesso fino in fondo. Lo dico sempre, se un giorno dovessi sparire dai social, potete star certi che mi troverete lì, al Bar La Perla di Marciana Marina con il quotidiano e il caffè a colazione, a Sant’ Andrea sulle Cote Piane (scogliera immensa, in mezzo al nulla) con una birretta all’ ora dell’ aperitivo.

Prato mi ha unito a Milano più di ogni altra cosa, perché è lì che ho mosso i primi passi verso la mia passione. Ho respirato moda fin da piccola cogliendone il lato più sconosciuto, quello della produzione, dove ho assaporato il fascino del dietro le quinte.

Una terza città è stata fondamentale nel mio percorso: New York e il viaggio fatto nel 2006 dopo la maturità. Sono stata lì da sola per tre mesi ed è stato molto importante per la mia crescita. Avevo un carattere vivace ma molto insicuro e solo lì ho capito che nella vita bisogna superare i propri limiti, nonostante le difficoltà.

Sempre lì ho capito che facciamo parte di un disegno ben preciso. Quell’estate ho conosciuto due persone che sono diventate molto importanti nella mia Vita.

Hai studiato Fashion Business (Marketing e Comunicazione del settore Moda) all’Istituto Marangoni di Milano, istituto di moda per eccellenza. Io credo che lo studio non ci prepari mai alla professione-mestiere che andremo a svolgere, ma sicuramente ci rende migliori. Ci rende migliori perché migliora il nostro pensiero, il nostro linguaggio, le nostre relazioni. Per questo ti chiedo: cosa ha rappresentato per te la Marangoni ?

Sono assolutamente d’accordo con te. Non saremo mai abbastanza preparati e il vero segreto è proprio quello di aggiornarsi e continuare a studiare.

Ti porto l’esempio di mia madre: ha sempre lavorato e non ha mai smesso di studiare. Fino a tre anni fa era indifferente a Facebook. L’anno scorso ha scoperto le potenzialità della rete e si è iscritta al Master in Social Media Marketing, insieme a me.

La Marangoni mi ha formata davvero. Prima, però, sono stata iscritta un anno alla Facoltà di Lettere a Firenze “Cultura e Stilismo di Moda”. La mattina lavoravo e il pomeriggio andavo in università, ma al terzo post it trovato sulla porta dell’aula con scritto “il docente ha perso il treno”, ho deciso che il mio percorso sarebbe stato un altro e mi sono iscritta alla Marangoni.

Ammetto di aver avuto il sostegno morale ed economico dei miei genitori, altrimenti da sola non ce l’avrei mai fatta. Questo è un aspetto che non condivido di tutti gli istituti di moda: non sono sempre accessibili.

Ho studiato Marketing e Comunicazione, con docenti molto preparati e anche severi, ma dai metodi efficaci. Molti studenti erano lì parcheggiati da famiglie facoltose e non ti nego che tutte quelle Kelly di Hermes in mano a diciannovenni inconsapevoli, mi davano anche fastidio. Col tempo sono riuscita ad andare oltre questo limite, concentrando tutto su me stessa: avevo ben chiaro chi ero, cosa volevo e dove stavo andando.

Per questo ti dico che sono fiera del mio percorso e di quello di alcuni miei ex compagni. Molti di loro ricoprono ruoli importanti ed io so quanto hanno faticato per arrivare a quell’obiettivo.

E qual è stato il tuo argomento di tesi?

“Il passaggio generazionale nel Fashion Business”, un argomento spinoso, soprattutto per l’Italia del 2011, dove il sistema delle Piccole e Medie imprese era piegato dalla crisi economica.

Ho analizzato diversi casi, ma non voglio dilungarmi troppo su questi. Voglio solo precisare che la criticità di questo momento è colpa di uno Stato che non funziona, ma anche di una classe imprenditoriale figlia del benessere che si è cullata mentre tutto stava collassando.

Adesso, però, dobbiamo guardare avanti e io sono molto positiva. Molti figli di imprenditori, miei coetanei, hanno vissuto il pieno della crisi, e si sono ritrovati in mano aziende in perdita. Ma non si sono persi d’animo, anzi. Alcuni di loro si sono inventati nuovi mestieri, altri hanno riparato agli errori di chi c’era stato prima.

Quello che dobbiamo apprendere da questa situazione è che la ricchezza non cade dal cielo e nessuno è invincibile, ma soprattutto bisogna sempre darsi da fare.

La Moda. Ultimamente ho notato che la moda sta virando verso tendenze sempre più estrose e colorate, quasi kitsch. Mi viene da pensare subito alle scelte fatte da Jeremy Scott con la nuova linea di Moschino. Pensi che questo possa portare alla perdita di classe ed eleganza che hanno sempre contraddistinto la moda italiana? O credi che le sperimentazioni siano sempre parte di un processo evolutivo?

Le sperimentazioni fanno sempre parte di un processo evolutivo. Il rischio non è nella sperimentazione ma nello “stallo”. Moschino è stato uno tra i pochi, a rischiare e andare oltre. La sua essenza era già per indole “giocosa”, ma Jeremy Scott ha riscoperto l’icona, così come Burberry negli ultimi anni è riuscito in un’impresa di riposizionamento degna di nota. Proprio ieri ho visto l’ultima collezione maschile: un brand che si è saputo rinnovare ma senza stravolgimenti.

Noi abbiamo solo il problema dell’italianità che “invecchia”. Mi spiego meglio: sono la prima a sostenere il Made in Italy, le nostre aziende, la nostra cultura, sia che si parli di Sistema Moda che di eccellenze gastronomiche o di patrimonio culturale. Abbiamo tutto e potremmo vivere solo di rendita, ma fino ad ora siamo stati vecchi, rinchiusi nella nostra consapevolezza di essere “i più bravi al mondo”, e per questo ci siamo permessi di non andare mai oltre, di lasciar correre.

Anche in questo caso sono fiduciosa: vedo cambiamento nell’aria, vedo novità e voglia di fare.

Un anno fa è nato il tuo blog The Style Pusher. Quando e perché hai deciso di intraprendere questa nuova avventura in rete?

laviniabiancalani_thestylepusher

The Style Pusher è nato quando ho capito che dovevo mettermi in gioco e non temere i giudizi degli altri, superando la timidezza e un po’ di insicurezza del mio carattere.

Inizialmente avevo un po’ di timore a mostrare il mio punto di vista sulle cose, poi ho realizzato che era semplicemente il mio lavoro e non mi stavo improvvisando. Condivido le cose che faccio e che vivo, e le racchiudo in un blog.

The Style Pusher mi permette di collaborare con tante realtà diverse, di conoscere persone e instaurare rapporti, ed è questo l’aspetto più bello. Dietro ciò che mostro, c’è tanto lavoro e sacrificio. Chi non conosce il meccanismo fatica a capire e non lo biasimo. Posso solo aggiungere che curo ogni contenuto e ogni rapporto, e che l’organizzazione della mia vita privata e professionale è fondamentale perché tutto si tenga in piedi.

Non ti chiedo cosa sono per te moda e stile, perché nella sezione About del tuo blog “The Style Pusher” lo spieghi benissimo. The Style Pusher è letteralmente una spacciatrice di stile. Ma qual è lo stile di Lavinia?

Non ho idea! Sono ancora alla ricerca del mio stile, e probabilmente non lo troverò mai. Cambio spesso, forse sono un po’ incoerente… ma non riesco a ridurre tutto ad una sola tendenza.

Sicuramente non sono abbastanza “street” ma neanche “girly”. Mi sveglio la mattina e indosso quello che mi fa stare bene, che in quel momento mi piace e mi colpisce. Sarò banale ma è una verità assoluta. Ci si evolve, si cresce, si cambia, e lo stile ci segue in questo percorso. E’ qualcosa che abbiamo tutti dentro, che si manifesta nei nostri gesti, nel nostro modo di fare, ancora prima che nella scelta di ciò che indossiamo.

Ho visto che fai tanta ricerca su brand nuovi e tendenze. Ti va di rivelarci quelli che saranno i protagonisti della prossima stagione?

Dovrei elencartene tantissimi! C’è un mondo pieno di creativi là fuori, che si mettono in gioco e con passione realizzano delle collezioni meravigliose. Ti dico A-lab, Domenico Cioffi, Daniele Carlotta, August in March e sono tutti italianissimi. Qualcuno non proprio emergente, ma sicuramente di ricerca. Potrei dirtene altri, ma li tengo per la mia rubrica Clobber, devo aggiornarla eheh!

Ho letto della tua collaborazione come Stylist per i Negramaro. Vuoi parlarci di quest’esperienza lavorativa e di quanta responsabilità ci sia nella scelta del look per personaggi della musica o dello spettacolo così importanti?

Seguo la collaborazione tra Armani e i Negramaro come Producer. Coordino insieme i look che la band indossa per le uscite pubbliche, ma soprattutto per il tour. Filtro le richieste da entrambe le parti, e codifico due linguaggi molto diversi tra loro, moda e musica: vanno di fretta, lanciano tendenze e si contaminano l’una con l’altra. Quando si entra nello specifico, ci sono degli aspetti tecnici che hanno bisogno di essere curati nel minimo dettaglio. A livello creativo è bellissimo seguire questa collaborazione: i ragazzi della band sono molto attivi nella scelta dei look, a partire dai materiali, i colori, le fantasie. Seguono quasi ogni step, contribuendo alla realizzazione di tutto il lavoro. In questo momento stiamo lavorando a “Un Amore Così Grande Tour”.

I Negramaro sono ormai dei fratelli. Mi stupisce sempre l’entusiasmo e la cura che mettono in ogni cosa che fanno. Per quanto riguarda il team di Armani, rispecchia al massimo il brand che rappresenta: eleganza e professionalità, due caratteristiche più uniche che rare.

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Moda e Musica, due aspetti importanti della tua vita. Una playlist che non manca mai sul tuo ipod?

Il mio ipod rivela esattamente quello che sono: un fritto misto, e se ci penso è un disastro! (ride). Si va da Guccini a Pharrell Williams, passando per il Vasco degli anni ’80 e qualche pezzo di musica elettronica. Ascolto ciò che mi emoziona. Sono molto democratica, perché la differenza la fanno tecnica e talento, che spesso sono oggettivi.

Sei stata autrice – insieme al tuo compagno Andrea Mariano – di Affondo, un brano della cantautrice Erica Mou. Era la prima canzone che scrivevi? Pensi che potrebbe accadere nuovamente di scrivere per altri?

E’ stata una bellissima esperienza. Erica è veramente molto brava, la conoscevo già come artista ed è stato un piacere immenso poter collaborare.

Oltre ad Affondo, ho scritto la title track di Nina , opera prima della regista Elisa Fuksas, un pezzo in inglese, cantato da me e al quale sono particolarmente affezionata; e poi c’è Dancing in the night che si può ascoltare in una scena del film Acciaio di Stefano Mordini.

E’ successo tutto un po’ per caso, ho frequentato un corso di canto da ragazzina, ma a causa di quella maledetta insicurezza di cui parlavo prima, avevo il terrore di salire sul palco e non ho mai approfondito questa passione. Un giorno Andrea, il mio compagno, mi ha fatto ascoltare delle basi a cui stava lavorando. Nella mia testa sono nate delle melodie, poi delle parole… E’ stato tutto molto naturale.

Da un po’ di tempo a questa parte mi sono fermata, perché sto concentrando tutte le energie nel mio lavoro. Non escludo che possa scrivere ancora. Andrea in questo mi ha dimostrato grande fiducia. Abbiamo realizzato insieme solo tre pezzi, ma che ci rispecchiano molto nella loro genuinità.

Il viaggio. Visitando il tuo blog e i tuoi profili social si percepisce subito che non potresti vivere senza viaggiare. Tra l’altro, fai parte di un progetto web davvero interessante: CCT –SeeCity, una guida alternativa alle città di tutto il mondo che ci permette di conoscere posti invisibili ai più, attraverso l’attività di tanti giovani blogger. Proprio a seguito di quest’attività voglio chiederti: qual è il viaggio più intenso che hai fatto e quello che vorresti fare da sempre?

CCT è una realtà bellissima, un progetto che ha grandi ambizioni.

Un’esperienza meravigliosa di colori e profumi è stato l’Egitto nel 2009. Quei luoghi mi sono rimasti dentro, pochi giorni ma bellissime vibrazioni. Per tutto il tempo ho avuto come la sensazione di essere lì da sempre, mi sono sentita a casa, nonostante le diversità.

Il viaggio che vorrei fare, invece, non ha una meta precisa ma sicuramente una dinamica semplice: 2 settimane a disposizione, nessuna prenotazione, gruppo di amici storici e via andare…

Quali sono i progetti futuri di Lavinia Biancalani?

Se continui a seguirmi su The Style Pusher, te li racconterò passo per passo!

(Intervista pubblicata per seesound.it il 27.06.2014)

Foto | thestylepusher.com