Dopo l’acclamato Dogman, Matteo Garrone torna sul grande schermo con Pinocchio, una nuova trasposizione cinematografica del classico collodiano, in uscita il prossimo 19 Dicembre per 01 Distribution.
Pinocchio torna al cinema in un nuovo adattamento cinematografico, con il premio Oscar Roberto Benigni nei panni di Geppetto ed il piccolo Federico Ielapi in quelli del burattino più famoso della storia, in un’avventura per tutta la famiglia che riporta al cinema tutti i personaggi indimenticabili di Collodi, dal Gatto e la Volpe (Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo) al Mangiafuoco (Gigi Proietti) senza dimenticare la Fata dai capelli turchini (Marine Vacth, Alida Baldari Calabria).
In occasione dell’anteprima stampa italiana avvenuta lo scorso Giovedì, ecco quanto emerso durante la Q&A tra cast e giornalisti.
Cosa hai provato a lavorare in questo film?
Benigni: È un divertimento immenso recitare in questo film, perché è la storia in sé ad essere entusiasmante. L’idea di aver interpretato Pinocchio e poi Geppetto non solo mi entusiasma, ma lo trovo il compimento di un percorso, un sentiero incredibile.
Ringrazio Matteo per questo. Matteo Garrone, oltre ad essere un grande regista, è un pittore. Lui viene dalla pittura, realizza delle immagini straordinarie – influenzata dai più grandi, dai Macchiaioli fino a Bosch – e racconta attraverso le immagini. È un grande regista per questo, perché è in grado di emozionare e commuovere attraverso i ‘suoi quadri’.
Il Pinocchio di Matteo è un film per le famiglie, per quei bambini che vanno dai quattro agli ottanta, per tutti quelli che vogliono stupirsi. Quando l’ho visto, per la prima volta, sono rimasto incantato. L’uscita di Pinocchio durante il periodo natalizio è un bel regalo e spero che voi lo consideriate tale.
Il Gatto e la Volpe. Come avete sviluppato i vostri personaggi?
Rocco Papaleo: Sono orgoglioso di far parte di questo team. L’idea di ritrovare Massimo – siamo amici da tanti anni – mi eccitava.
Mi piaceva l’idea di essere il suo ‘controcanto’ e ho provato in tutti modi ad armonizzare la mia perfomance. Spero il risultato sia buono perché sono davvero felice di averne fatto parte.
È stato faticoso realizzare questi effetti speciali? Quanto impegno ha richiesto?
Matteo Garrone: È stato davvero un piacere lavorare con Mark Coulier perché sapevo di affidarmi ad un grande professionista. Penso ai suoi lavori in Harry Potter film series , per non parlare dei due premi Oscar come Best Makeup per The Iron Lady e The Grand Budapest Hotel. Mark ha curato la parte più importante degli effetti speciali, nota come prosthetic makeup. È stato svolto un grande lavoro… pensate che il nostro Federico (Pinocchio) si è sottoposto, per tre mesi, a tre ore di trucco ogni giorno.
Mark Coulier: È stato un viaggio abbastanza impegnativo, per due ragioni. Innanzitutto, perché bisognava creare un personaggio che fosse fedele alla storia, una storia amata da tutti, sia in Italia che nel resto del mondo. E poi perché, ovviamente, dover trascorrere tre ore al giorno nella realizzazione del makeup di questo ragazzino così giovane, richiedeva un certo impegno. In precedenza, mi ero occupato di face painting, quindi avevo consapevolezza di cosa significasse tener fermo un bambino per dieci minuti. Pensare che qualcuno così giovane potesse resistere per tre ore… mi sembrava davvero impossibile. Per questo, i miei più sinceri complimenti sono rivolti a Federico, che ha dimostrato da subito di essere un grande professionista. Una super star.
Matteo Garrone: Al lavoro di Mark, si aggiunge anche il contributo inestimabile di concept ed ideazione di Pietro Scola Di Mambro, nipote del grande maestro Ettore. Un grande talento e collaboratore a cui volevo dire grazie.
Mark Coulier: Io e Pietro abbiamo lavorato a stretto contatto. Il nostro intento era di conferire l’aspetto legnoso a Federico, senza privarlo del suo lato ‘umano’, necessario per far trasparire le emozioni.
A chi ti sei ispirato per questo film? È possibile che ci fosse un tributo velato a Tim Burton?
Matteo Garrone: Rispetto ai miei punti di riferimento, vorrei specificare che io sono partito dalle origini. Se dovessi fare un nome come mia fonte di ispirazione, da un punto di vista figurativo, partirei da Enrico Mazzanti, ingegnere ed illustratore della prima edizione di Pinocchio (1883). Questo perché Mazzanti ha realizzato delle illustrazioni a stretto contatto con Collodi, oltre ad aver già collaborato con questo autore in altri lavori precedenti. Poi, chiaramente, sono stato influenzato dalla pittura dei Macchiaioli, da quella semplicità cromatica.
Cinematograficamente parlando, il Pinocchio di Comencini (1972) mi ha ispirato per la realizzazione di alcune atmosfere, per quel senso dignitoso della povertà.
In riferimento a Tim Burton, invece, mi sento di dire che è un regista che apprezzo e conosco bene. Se qualcuno, però, vede una sorta di tributo in alcune scene, ci tengo a specificare che non è premeditato.
Come hai sviluppato l’emotività del tuo personaggio, di Geppetto?
Roberto Benigni: Mi sono affidato a Matteo per sviluppare l’emotività di Geppetto, perché è un regista che mostra sempre una grande costanza e dolcezza verso i suoi attori.
Quando Matteo parla di povertà sembra Rossellini… Sul set sembrava di girare Paisà (1946), era attento a qualsiasi cosa accadesse. Questo è un metodo di fare cinema diverso da quello di oggi, sembrava che usasse la penna biro. Mi spiego meglio… sembrava che scrivesse ‘il suo cinema’. Per tutte queste ragioni, ho semplicemente seguito le indicazioni del regista, dando vita ad una figura che ha sempre rappresentato il padre per eccellenza. Insieme a San Giuseppe, Geppetto è il padre più famoso del mondo che dedica tutta la sua vita ad amare incondizionatamente il figlio.
Io avevo già interpretato, come alcuni di voi sapranno, un’altra figura di padre ne La vita è bella, dove la più grande bugia la diceva lui. Insomma, era il padre ad essere un pinocchietto. Qui, invece, mi sono ritrovato a fare di nuovo il padre, ma un ruolo modello. Ho provato ad immaginare e rappresentare solo le sue emozioni, che assumono comicità o drammaticità attraverso il rapporto con il figlio.
Matteo Garrone: Abbiamo lavorato insieme sul personaggio. Ho chiesto a Roberto di accettare questa sfida, di fare qualcosa per la prima volta nella sua carriera, ossia trasformarsi fisicamente, rimanendo comunque se stesso. È stato un viaggio straordinario e lo ringrazio, perché ho imparato molto.
Gigi, come sei stato coinvolto in questo film?
Gigi Proietti: Mi chiamò Matteo proponendomi di fare Mangiafuoco. Così venne a casa mia con una fotografia, una mia fotografia, della visione di questo personaggio, elaborato con Pietro Scola. Era un Mangiafuoco, una sorta di Rasputin, un po’ russo. Rimasi incantato e accettai subito.
Durante la realizzazione, capii che Mangiafuoco avrebbe tranquillamente potuto fare un film a sé, sulla sua vita. È un uomo solo che vive con dei burattini di legno e all’improvviso ritrova un burattino senza fili che gli dà affetto.
Come attore, sono felice ed onorato di aver fatto parte di questo progetto che ha visto il coinvolgimento di così tanti bravi artisti. Grazie Matteo per avermelo proposto.
Cosa ti affascina di Pinocchio, Roberto?
Roberto Benigni: Chiedere cosa ti affascina di Pinocchio è come chiedere ‘cosa ti affascina del mare’. È una cosa nella quale ci tuffiamo dentro, prende tutta la nostra anima. Oltre ai significati più semplici del racconto, c’è qualcosa in questo testo che tocca le corde più profonde della nostra anima. È come un libro iniziatico, pieno di simbolismi, metafore, allegorie, senza essere un classico libro pedagogico. Pensiamo alla trovata del naso che si allunga quando si dicono menzogne… ma è geniale! Altro che Spiderman, Batman! Penso a tutti gli insegnamenti racchiusi, come non credere a chi promette di arricchirci senza sacrificio, come credere nei miracoli e raccogliere subito i loro frutti. Questi sono solo alcuni degli insegnamenti diretti.
Poi ci sono un miliardo di insegnamenti indiretti, colori, emozioni… questo è un libro che va al di là del suo autore. È come chiedere cosa ti affascina della Divina Commedia, dell’Iliade, dell’Odissea, di Don Chisciotte. Questo libro preserva la purezza. Tutti noi nasciamo puri e vorremmo restare tali, vorremmo pensare che nel mondo non ci sia il male e abbracciare questo pensiero per sempre, ma è impossibile. Pinocchio resta puro e noi ci emozioniamo per questo.
Matteo Garrone è riuscito a rendere tutto questo, a rappresentarlo senza essere esplicito. Rifarei questo film altre mille volte.
Matteo Garrone: Per ultimo, ci terrei a dire quanto sia stato importante il lavoro dei costumi di Massimo Cantini Parrini; il lavoro di scenografia di Dimitri Capuani, il lavoro di montaggio di Marco Spoletini, fotografia di Nicolaj Bruel , Massimo Ceccherini per la sceneggiatura e tutto il team. Come regista, l’unico merito che ho e mi prendo è quello di aver scelto i miei collaboratori. È stata una grande fortuna lavorare con tutti loro e sono grato per aver dato il meglio.
Pinocchio, il film di Natale, sarà nelle sale italiane dal 19 Dicembre.