Presentato nella sezione ufficiale della XIII Edizione della Festa del Cinema di Roma, Sangre Blanca (White Blood) è un film della regista argentina Barbara Sarasola-Day.
White Blood è una storia di droga ambientata in Sudamerica, precisamente tra il confine Bolivia – Argentina, di quelle che da sempre rientrano nel nostro immaginario.
Protagonisti sono Martina e Manuel al loro primo incarico come trasportatori di cocaina. I due giovani ragazzi decidono di ingerire gli ovuli di cocaina (65 lui e una trentina lei) perché lo ritengono il modo più sicuro per passare la frontiera.
Tutto sembra procedere secondo i piani, fino a quando Manuel ha un malore e sono costretti a fare tappa in un motel.
Il ragazzo, purtroppo, morirà in pochi minuti e Martina sarà costretta a trovare una soluzione veloce per mantenere gli accordi con i trafficanti, coinvolgendo così suo padre Javier, un medico chirurgo con cui ha un pessimo rapporto.
La storia potrebbe peccare apparentemente di mancata originalità: troppo ripetitivo? Necessario? Attuale? In realtà, bisogna porsi su un altro piano.
Sagre blanca non è un film sulla droga, ma sui rapporti umani e i drammi familiari che molto spesso diventano il substrato dove ogni singolo individuo costruisce la propria esistenza.
Così tutta l’attenzione si sposta su Martina, interpretata divinamente da Eva de Dominici, e suo padre Javier, Alejandro Awada con un cruccio che definirei servilliano.
I due attori portano in scena l’assenza di un rapporto, padre – figlia, e come questa abbia generato una profonda aridità di sentimenti dominata da un depauperamento morale. Due vite diverse solo nella forma, ma così simili nella sostanza.
Sangre Blanca è un film realistico che, nonostante imperfezioni numerose e risorse limitate, è riuscito nella rappresentazione credibile di un messaggio: nessuno si salva da solo.
Consigliato.