Un genio, un maestro, un modello da seguire. La carriera di Guido Silvestri in arte Silver rappresenta nel mondo del fumetto italiano un caso unico, perché a soli diciotto anni ha raggiunto la popolarità con la creazione di uno dei personaggi più celebri dell’umorismo fumettistico: Lupo Alberto, un beniamino per tutti che ha da poco compiuto il quarantesimo anniversario.
In occasione del progetto educational targato Snam “Storie che raccontano il futuro”, organizzato lo scorso 12 Novembre presso l’Orto Botanico di Roma , ho avuto la possibilità e l’onore di intervistare lo stesso Silver, coinvolto nella realizzazione delle dodici tavole del calendario Snam 2015.
La gavetta con Bonvi di cui hai sempre parlato e il successo “quasi immediato” a soli 21 anni con il personaggio di Lupo Alberto. Cosa ricorda degli esordi? In quel periodo pensava mai ad un possibile Piano B?
Be’, certamente non osavo augurarmi un successo così immediato già al primo tentativo, e questo mi ha spiazzato. Le mie ambizioni di adolescente si limitavano a un ruolo creativo inserito magari in un contesto di equipe, come un’agenzia o uno studio di animazione. Quello che sognavo di fare era creare dei personaggi che diventassero delle icone popolari come quelle trasmesse dalla tivù nei contenitori pubblicitari e i cui maestri erano Campani, Bozzetto, Biassoni, Pagot, Gavioli ecc.
Ma fin da ragazzo ho sempre saputo che questa sarebbe stata la mia professione. Quella o niente. Febbraio 1974: nasce Lupo Alberto e cambia il classico format della striscia all’americana. Si apre, infatti, la strada alla narrazione e allo sviluppo della trama. Quali erano i modelli di riferimento che aveva in quegli anni?
Nel 1970 non avevo ancora compiuto 18 anni ma avevo già piluccato tra gli ingredienti del mestiere di quelli che consideravo i miei Maestri, gli autori che avrei voluto emulare, tutti o quasi anglofoni. E attingendo a questo bagaglio avevo incominciato a catalogare appunti, idee e personaggi cui avrei voluto dare vita. Quindi ai Peanuts di Schulz devo l’adozione della striscia come mezzo perfetto di espressione, a Krazy Kat di George Herriman le atmosfere poeticamente notturne e surreali che ho malamente cercato di riprodurre, mentre a Pogo di Walt Kelly devo la struttura teatrale, l’impianto narrativo, la solidità e credibilità dei personaggi. Negli anni ’80 la striscia comincia a subire un declino causato dal fatto che i quotidiani trovano sempre meno interessante la sua pubblicazione. Per questo motivo ho incominciato a elaborare storie di respiro più ampio, con intrecci strutturati.
Cosa pensa del fumetto umoristico di oggi?
Be’, ci sono ottimi autori che sanno sfruttare le caratteristiche della rete per mettersi in evidenza, e alcuni di questi hanno ottenuto buoni risultati di vendita nel passaggio alla carta stampata. Paradossalmente il formato striscia oggi è stato resuscitato proprio dal web.
Crede, quindi, che il web possa essere un’ottima risorsa per i nuovi talenti? O al contrario, non permetta la giusta ed adeguata formazione per affermarsi in questo lavoro?
Il web offre una chance a chiunque voglia provare a intraprendere una professione più o meno artistica. L’aspetto negativo è che la rete non è selettiva, e quindi ci si può illudere di essere “arrivati” per il semplice fatto che quattro gatti seguono il nostro blog.
Quanto alla formazione, il diffondersi di scuole di fumetto, di scrittura e quant’altro, ha dato grande impulso alle legittime aspirazioni di chi vuol misurare il proprio talento, con la conseguente sensazione che ci siano ormai più creativi che fruitori di quanto viene creato.
Il progetto Storie che raccontano il futuro di Snam – uno dei suoi ultimi lavori – è stato fonte di ispirazione per la realizzazione delle dodici tavole del suo calendario 2015. Quali sono stati gli aspetti dei lavori dei piccoli che l’hanno maggiormente colpita?
I bambini sono geniali e imprevedibili. Nulla li scoraggia. Il tema proposto da Snam attraverso le “Storie” era tutt’altro che facile da svolgere, e io non avrei saputo davvero da che parte volgermi per sbrogliare la matassa. Ebbene, sono stati proprio loro, i bambini, a prendermi per mano e aiutarmi ad uscirne. I percorsi mentali di noi adulti, viziati da condizionamenti ambientali e culturali, ci fanno perdere di vista le soluzioni più semplici e naturali, soluzioni alle quali i bambini arrivano con disarmante candore.
Se Silver fosse un film, quale sarebbe?
Hollywood Party di Blake Edwards, senza dubbio. Ma potevo anche risponderti The Blues Brothers.
Un’ultima domanda: a cosa sta lavorando adesso? Nuovi progetti?
Sto lavorando a un progetto molto ambizioso a metà fra fumetto, teatro e musica, che molto probabilmente sarà un fiasco. Con tutta probabilità non ne ricaverò un solo centesimo, in compenso mi causerà parecchio stress. È il genere di imprese per le quali mi entusiasmo.
(Pubblicato per seesound.it il 27 novembre 2014).