She is the Greatest. She said it before she knew she was.
La più grande fortuna di partecipare ad un festival come quello di Toronto è avere la consapevolezza di terminare le proiezioni con un senso di soddisfazione indescrivibile ed i piani sconvolti.
È esattamente quanto provato ieri mattina con Float like a butterfly, seconda opera dell’ irlandese Carmel Winters con Hazel Doupe come protagonista, giovane attrice dalla bellezza senza tempo che, in questo ruolo, ricorda gli esordi della diva hollywoodiana Jodie Foster.
Irlanda, anni Sessanta. Frances (Hazel Doupe) è una giovane ragazza di quindici anni che vive con il mito di Muhammad Alì e sogna di diventare la più grande lottatrice di tutti i tempi. Attraverso questa grande passione riesce a trovare sollievo per le difficoltà in cui è cresciuta. La sua famiglia appartiene ad una comunità nomade irlandese che sopravvive tra lotte clandestine e furti, rifiutando qualsiasi regola sociale.
Un giorno, purtroppo, arriva il dolore più grande per la piccola Frances: la perdita di sua madre durante un combattimento e l’arresto del padre che portano la giovane ragazza ad occuparsi di suo fratello minore per quasi dieci anni.
Quando il padre torna in libertà, Frances non riconosce più l’eroe con cui era cresciuta. Ritrova, infatti, un uomo solo e alcolizzato che non ha più speranza e le proibisce di lottare, esortandola a sposare un giovane ragazzo della cittadina dove si sono stabiliti.
È proprio in questo momento che inizia la più grande battaglia di Frances: dovrà abbattere i pregiudizi della sua comunità e trasformare la rassegnazione di suo padre in amore verso se stesso. L’unica via di fuga per la ragazza sarà vincere uno scontro così da essere considerata the Greatest, seguendo sempre il motto float like a butterfly, sting like a bee.
Float like a butterfly è un racconto potente e attuale, dove finalmente si sceglie un linguaggio sincero per rappresentare la storia di una ragazza che vuole essere accettata dalla sua famiglia e dalla sua comunità per quello che è.
Raccontare l’animo di una giovane adolescente lontano da stereotipi è sicuramente un gesto coraggioso. Farlo senza inciampare nella retorica classica, trasmettendo comunque il messaggio di credere in se stessi, è un’autentica impresa cinematografica.
Onore a Winter per averci regalato Frances, la versione femminile di ‘Billy Elliott’ con i guantoni.